lunedì 21 febbraio 2011
Don Ciro ...Cappellano a Viserba dal 1966 al 1971
Don Ciro
a volte basta un piccolo sasso che ti fa inciampare e che riesce a fermarti, dandoti la possibilità di guardarti attorno.
Questo mi è successo pochi giorni fa attraversando come sempre Piazza Pascoli a Viserba, martoriata col suo acciottolato distrutto, ma proprio questo piccolo rallentamento mi ha fatto notare una locandina appesa con discrezione in mezzo a tanti altri annunci, alla porta della Chiesa. Nel leggerla non posso che rimanere stupita nel vedere quel volto noto e caro anche se ormai dimenticato, e l'emozione cresce leggendo che son passati 40 anni dalla morte di quella persona conosciuta.
Finalmente ricordo, quel giovane sacerdote, mi sento in colpa per questo vuoto di memoria così lungo, tuttavia sono cosciente del fatto che ciò che sono oggi è possibile perchè lui c'è stato. Ecco comparire il rimorso, come posso essermene dimenticata, che vergogna proprio lui che tatto ha dato a me ed a quei ragazzini e bambini che 40 anni fa lui tanto ha amato.
Ma in fondo chi si ricorda il giorno in cui ha imparato a leggere o quello in cui ha imparato a scrivere, o il primo numero uscito dalla penna, o la prima volta che si vista la luna, non lo sappiamo, non possiamo rammentarcene eppure quella esperienza c'è stata. Questo è ciò che ho provato vedendo per caso il manifesto funebre di Don Ciro Romani, Cappellano a Viserba non ricordo per quanto, ero tropo giovane per notare queste cose, ma lui c'è stato ed ha lasciato su tutti noi "suoi bambini" un segno.
Vengo a conoscenza che la Parrocchia organizza un gruppo per partecipare alla messa di suffragio a Mondaino suo paese natale.
Giusto riconoscimento da parte dei parrocchiani, ma c'è qualcosa che manca, un vuoto, mancano proprio "i bambini" che lui tanto amava. Comincia un veloce tam-tam, il tempo è poco, quasi tutti lavorano e sono super impegnati, partecipare ad una messa a metà pomeriggio di un giorno feriale è impossibile per molti.
Tuttavia i pochi fortunati che sono riusciti a percorrere, in quella dolce sera di febbraio, la strada collinare che porta a mondaino, lo hanno fatto con cuore la riconoscenza di tutti gli altri.
Siamo arrivati in paese che il giro stava per finire e il rosso tramonto si attardava come per aspettarci, la messa era incominciata da poco. Inaspettatamente la chiesa era colma, molti sacerdoti concelebravano, e lui era presente in una fotografia collocata vicino all'altare, e ci catturava con un dolce sorriso.
L'omelia fatta da un sacerdote amico di seminario è stata continuamente rotta dal pianto, come se quella assenza fosse recente ed ancora viva. L'emozione ha colto un po’ tutti, gli occhi erano lucidi, poi l'armonia ci ha catturati e la messa è finita con un sentimento di gioia che sicuramente Don Ciro avrebbe apprezzato.
Fuori dalla chiesa è ormai buio e la fretta ci assale, dobbiamo tornare ai nostri impegni, tuttavia ancora una volta ci dobbiamo fermare, un sorriso stranamente conosciuto ci invita con pacatezza ad un piccolo rinfresco in onore di Don Ciro, Sono i suoi familiari ad offrirlo e colui che ce lo chiede è il fratello.
Non possiamo rifiutare e dopo pochi minuti siamo in un piccolo ambiente riscaldato da una schioppettante stufa e imbandito con ciambella e crostate casarecce, nasce un intenso dialogo tra noi e le persone della famiglia Romani, sorella, fratello, cognata e tanti nipoti ci accolgono con affetto come se ci aspettassero da sempre, ci riconoscono e capiscono che noi eravamo "i suoi bambini" ci abbracciano, ci si scambiano ricordi e notizie, avidi delle parole gli uni degli altri.
Infine ci porgono nelle mani cinque album di foto che il fratello Giorgio teneva da 40 anni e dai quali non riusciva a staccarsi, eppure ci vengono donati così, senza nessuna garanzia, senza timore, riconoscendo che tornavano a Viserba da dove erano venuti. Oggi l'Ippocampo ha l'onore di poter disporre di questo materiale eccezionale fatto di vecchie foto in bianco e nero, mi auguro che ognuno di noi presente in quelle foto, possa fermarsi un attimo per ricordare, voltarsi indietro e riconoscersi.
Manuela Botteghi per l'Associazione IPPOCAMPO Viserba
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