lunedì 21 marzo 2011

18 marzo la focheraccia di S.Giuseppe"

18 marzo 2011.. LA FOCHERACCIA di S.Giuseppe a Viserba

Il mare d'inverno,direbbe una canzone,con tutto il calore ed i mille colori di una festa estiva:
era una nuova Viserba quella che ieri sera ha riempito Piazza Pascoli e la via Dati nel tratto che va da via Polazzi alla Via Roma, viserbesi doc, nuovi viserbesi e molti curiosi da luoghi vicini.
L'anno scorso,come cronisti d'assalto,noi Ippocampini,alla ricerca di vecchi e nuove memorie locali,abbiamo attraversato quella serata nel tentativo di leggere ed integrarci nella festa paesana, intuendo una voglia nuova, un sistema paese al quale abbiamo voluto dare il nostro contributo di giovane associazione, innamorati dell'idea di far tornare Viserba una realta' viva,dinamica, intellettualmente propositiva e tanto,tanto festaiola.
Sull' onda del sentimento patriotico dei 150 anni dell'Italia, oserei dire che ieri sera
“ VISERBA S'E DESTA”
Allora onore e merito agli organizzatori, comitato Commercianti del centro“Promoviserba”,Comitato Turistico, presidente di quartiere,bagno Playa Tamarindo e l'Associazione culturale Ippocampo che ci hanno fatto vivere una serata speciale,ma soprattutto grazie alla gente che sta'dimostrando di sentirsi nuovamente a casa, nel proprio territorio,generosa e ospitale come tradizione vuole,emblematica la distribuzione gratuita da parte dei commercianti di  cibo,dolciumi e bevande  ad amici,passanti e curiosi nel pieno spirito dell'ospitalita' romagnola.
Allo sbocco a mare del negozio 71, hanno fatto il classico pienone,sono le 21,30 un muro di gente ci separa dal tavolo della distribuzione,saliamo sulla terrazzina adiacente..a domanda ci rispondono di aver distribuito oltre 1000 piadine,cotto 700 morelli di salsiccia ed offerto 30 kg di sardoni...un doveroso grazie alla fam. Sivieri ed al Gruppo della scoglira, impareggiabili cucinieri,buongustai e indispensabili braccia operanti.......la spiaggia e'  affollatissima, tutti hanno bocca e mani impegnate, i bambini  si arrampicano chiassosi su dune di protezione, il grande falo'poi,come da consuetudine è proprio di fronte, forse  un po' troppo presto acceso ,quasi ad invocare l'inizio di una primavera che stenta ad arrivare.
Viserba si e' accesa di musiche e parole per allietare 5000 presenze che riempiono quattro zone del centro: se la GP Band suona in fondo al viale Polazzi e gli intervenuti si abbuffano dei dolcetti offerti dalla pasticceria Reale,gli AFTER GOD si esibiscono in una musica funk metal,nello sbocco a mare di via Roma davanti ad un giovane pubblico ed a una signora ultra ottantenne in carrozzina scatenata come un adolescente.
In spiaggia vicino al grande falo' si esibisce un gruppo di quattro elementi “BUS 70-80” con buona musica famigliare, mentre la piazza Pascoli ancheggia al ritmo dei tormentoni estivi del trio Claudio-Marino-Cinzia coadiuvati dal sempre bravo e disponibile Sauro Bertozzi.

Zigzagando dentro i sorrisi della gente,che si incontra e chiacchera allegramente, ascolti  una onesta ricerca di una offuscata memoria e maggiore confidenza ,ed e' qui, dentro questo sentimento di ritrovata identita' che l'Ippocampo traccia la sua mission. : il nostro gazebo all'ingresso della piazza con la raccolta di antiche foto e le proiezione ne e' stato la testimonianza.
Si fermano,curiosi,poi...interessati, qualcuno si riconosce e riconosce altri...si rivedono,salutano,ricordano e rivivono...

Non si era mai vista tanta commozione unire una intera generazione,quella degli anni 60,quando attorno alla nera tonaca del compianto Don Ciro hanno vissuto e condiviso una adolescenza semplice e scanzonata, collante fatto di amicizie vere,accoglienza,impegno che a volte vorremmo rivedere anche nei giovani di oggi.
Attenti al passato ,lo scorrere immagini di anni e ricordi,di volti.di luoghi,di giovani amori...molto e' cambiato, alcuni sono rimasti sogni,altri realizzati ma tanto e' bastato per sentirci ancora presenti,qualcosa ci unisce.

La sensazione è che il fuoco sia stata una scusa....quest'anno la gente voleva dell'altro...cercava  calore

Nerea Gasperoni per Ippocampoviserba

Che serata ragazzi!!! Non mi sarei mai aspettato una serata così fantastica, sotto tutti i punti di vista: il clima, la gente, l'ambiente, la compagnia, il cibo, il vino, i fuochi... e naturalmente l'Ippocampo, sempre di più punto di aggregazione, di ritrovo, di amicizia, di storie, ricordi, emozioni, voglia di ricordare e condividere con tutti!!!
Difficilmente si scorderanno i visi allegri, sorpresi, increduli di chi, ieri sera, passando in Piazza Pascoli si sia per un attimo ritrovato trasportato in una Viserba di qualche decennio fa attraverso le immagini, le fotografie che lo ritraevano ragazzo, o addirittura bambino. Rivedere persone che, magari, oggi non sono più con noi, rivedere i vecchi amici e compagni di notti allegre, di feste, di gite con gli scout, di partite a pallone... e che dire del nostro mitico VJ Drudi che ha sapientemente mixato le immagini e che, pazientemente, si è messo a disposizione di chi voleva soffermarsi o rivedere qualche foto, riuscendo a trattenere sempre intorno a sè un numero nutrito di "spettatori", molto attivi e vivaci. Ed anche di tutti coloro che nel gazebo si sono alternati per offrire un bicchiere di vino, una fetta di ciambella, un biscotto e nel frattempo immergersi nei ricordi attraverso le cartoline d'epoca, le fotografie che molte persone hanno gentilmente deciso di condividere tramite la nostra associazione. In questo piccolo angolo di Piazza Pascoli si è così venuto a creare una sorta di "angolo meraviglioso" dove ognuno, con le proprie storie, il proprio passato e le proprie emozioni si è sentito partecipe di una comunità che, in questa tradizione della Focheraccia, ritrova un forte spirito di union e di condivisione di valori che, credo, sia fondamentale non vadano mai dispersi. Tanto per citare una persona, l'Eugenia che più volte è tornata ai nostri tavoli a rivedere le foto, a commentarle e ad attirare tutti con quella sua innata simpatia, quella sua carica travolgente a cui difficilmente si riesce a resistere.
E se mi sono emozionato io, che in fin dei conti non sono nato qui e ci vivo soltanto da tre anni, posso solo lontanamente immaginare le belle sensazioni che possono aver provato le persone che in questa piazza e lungo le stradine di Viserba hanno vissuto fin da bambini, spesso tra grandi tragedie e momenti di difficoltà, ma sempre con fortissimo attaccamento alle proprie radici, al proprio territorio e alle proprie tradizioni.
Tantissima davvero la gente che ha partecipato con tanta gioia e disincanto ad una serata che ci ha davvero "risvegliato" dopo un lungo e rigido inverno. Dando a tutti la possibilità di riappropriarsi di quegli spazi che tra pochi mesi saranno occupati dai tanti turisti che ogni anno affollano questo tratto di costa romagnola... e già si parla di nuove iniziative, nuovi momenti di aggregazione di cui si sente davvero il bisogno e credo che come associazione sia per noi importante cogliere questi segnali e saperli indirizzare verso la riscoperta del passato, importantissimo ma non fine a se stesso, che sia lo stimolo a creare un futuro diverso, in cui i protagonisti siano tutte quelle persone che ieri si sono emozionate a guardare il loro stesso passato.
Sono davvero contento di poter far parte di questo gruppo con tante idee, tanta voglia di fare, di mettersi in gioco...in fin dei conti siamo ancora dei "dilettanti" ma con una grandissima PASSIONE!!!

Paolo e Danda per Ippocampoviserba

mercoledì 16 marzo 2011

LE FOCARINE

                          


Lòma, loma ad Merz
d'ogni spiga faza un bèrc,
un bèrc e una barcheta,
lòma, lòma benedeta.

Per il 19 Marzo ai bambini era affidato il compito di trovare la legna per la focarina di S.Giuseppe. Non era un compito facile, perchè ormai in tutte le case si erano finite le provviste di legna ed anche quelle di legnetti e stecchi.
Con i carrettini prestati dai genitori, i ragazzini andavano di casa in casa a mendicare un pò di canne, di fuscelli, di rametti. Si andava nei campi a raccogliere l'erba secca, gli sterpi, a rubare i rami delle potature. Ci si inoltrava nei boschetti e lungo i fossi a cercare rami. Si andava per marina a raccogliere tutto ciò di combustibile avessero portato le onde.
Giorno dopo giorno il mucchio cresceva.
Senza farsi vedere si facevano spedizioni nelle vie adiacenti per scoprire a quale altezza arrivassero i cumuli dei vicini. Le bambine venivano incoraggiate a raccogliere legna: ' Andate a raggomitolare per San Giuseppe : "vi regalerà bei gomitoli" dicevano maliziosi . Le più timide arossivano e curvavano le spalle, le più ardite si mettevano dritte col seno sporgente per far notare che loro già avevano un pò di gomitoli.  A forza di bastoncini, di stecchi, di foglie,e di radici il mucchio era ormai alto, ma non quanto avevano sperato i bambini.
L'ultimo giorno, intervenivano gli adulti con fascine, legni tarlati, pagliericci mal ridotti, pezzi di asse.  Finalmente la catasta era di grandi dimensioni.
Ma non era finita.  Arrivava il responsabile del fuoco che guastava tutto il mucchio e rifaceva la catasta secondo criteri minuziosi. Quando la sera si perdeva nella notte e comparivano in cielo le prime stelle, i bambini si radunavano attorno al loro mucchio ed aspettavano.
Un poco alla volta arrivavano tutti quelli delle case attorno. Guardando su nel cielo blu si vedevano già eteree nuvole grigie levarsi lontano.
Qualcuno aveva già acceso i falò. Si veniva colti dall'impazienza. Finalmente il responsabile del fuoco accostava un fiammifero al mucchietto preparato nell'interno della catasta e accendeva una piccola fiamma.
Tutti guardavano in silenzio, attendendo. Dal centro della catasta scaturiva una fiammella pallida,vibrante che diveniva più vigorosa, agitandosi come un petalo rossastro, lambendo la paglia. Improvvisamente, con un "vaaamp" sonoro il fuoco prendeva. I bambini  strllavano eccitati, i grandi battevano le mani.


Il fuoco andava potente, crepitava, aggrediva la legna con furia, lambiva i fianchi con vivaci vampe arancioni. Saliva aggressivo fino alla cima della catasta; le lingue di fiamma si univano in un' unica fontana di fuoco che saliva in alto nell'aria scura. Le scintille seguivano crepitanti, danzando, la grigia scia di fumo che saliva su, al viola del cielo.  Attorno la gente si ritraeva, le mani sulle guance infiammate dal calore.
Ora la catasta era tutta d'oro. Brillava più delle stelle in cielo.
Fiamme striate d'arancio e azzurro l'avvolgevano. Si ammmirava la sua bellezza. Era il momento di fare confronti. Si saliva in alto per guardarsi attorno. '"Oh, come è bassa quella della via Roma! ''Quella dei ...è grande quasi come la nostra, ma "l'è tòta spandazeta!"
Il fuoco ardeva . I bambini si rincorrevano intorno eccitati. Prendevano dei fuscelli, li accendevano e li portavano in giro roteandoli. Ormai l'orizzonte era tutto un bagliore rosso che bucava il nero della notte. Il cielo era schiarito da tanti fuochi. A poco a poco, la catasta si sedeva, cioè si abbassava. Non c'erano più fiamme alte, ma braci ardenti in un gran cumulo. Era il momento di mettersi in mostra per i giovanotti.  Prendevano la rincorsa  e...., con un balzo, si sollevavano sull'alto braciere. "Ohoh! " facevano le ragazze ammirando. "Chi salta la fugaraza avrà fortuna tutto l'anno!" Si affermava.
Una ragazza solitamente la più ardita e la più ammirata, veniva presa per mano e saltava sulle fiamme sollevata da due giovani che saltavano con lei.
Gli spettatori battevano le mani. Poi toccava agli altri ragazzi che saltavano alti sul fuoco con la vivacità della gioventù. Il fuoco scemava ed i giovanotti se ne andavano a cercare altri fuochi ed altre ragazze. Toccava allora a bambini ed alle bambine che, ridendo, saltavano leggeri sopra le braci. Infine era la volta dei più piccoli che, presi fra due grandi, venivano sollevati per le braccia e compivano anche loro il volo rituale sul fuoco, strillando eccitati.

Ormai la focarina era diventata un focherello. Lentamente si ritornava a casa. Ultime le vecchine. Andavano a recuperare i loro scaldini e li riempivano ben bene di brace . Tornavano a casa covandosi il bel tepore. L'aria era gelida e sapeva di fumo. Il responsabile del fuoco gettava acqua sulle ultime braci.
A casa si metteva sul davanzale della finestra un lumino ad olio per far luce a San Giuseppe. Nella notte nera occhieggiavano come lucciole fino all'alba.  

" E' fug e sciùplettla
e al lozli al fa lom me fòm "
 
Emanuela Botteghi da  'Un cassetto infondo al cuore ' di Tecla Botteghi
per l'Associazione Ippocampo Viserba

venerdì 4 marzo 2011

CARNEVALE AVANTI AVANTI, TI FAN FESTA TUTTI QUANTI

                                  



Anche se il proverbio recita: 'dopo Natale ogni giorno è Carnevale', la vera festa si concentrava nei giorni del Giovedì grasso,del Sabato e del Martedì grasso. Quest'ultimo,col sapore dolce amaro della fine della festa, nell'attesa malinconica dello scampanio della 'campana lovva' che avrebbe annunciato la morte del Carnevale. Se per il Giovedì 'lov' ci si accontentava delle cantarelle ( farina,acqua e sale ) fatte cuocere sul testo di ferro appena unto di strutto, il Giovedì Grasso si doveva incoronare il re Carnevale con una cena abbondante fatta da almeno sette tipi di dolce.
Per l'occasione le donne tenevano a conto farina,strutto,uova per contribuire alla buona riuscita della festa, Il pomeriggio si cominciava a lavorare di tagliere, ogni famiglia si dava da fare per preparare qualcosa di buono.
Era una festa corale in cui i vicini si riunivano per stare in allegria.
Nell'aria fredda della sera, si spandeva il caldo odore del fritto e dei dolci,dell'anice e dello zucchero. Poi,con uno o più fagottini in mano, ci si avviava alla casa del raduno. Si entrava nella cucina in penombra, si aprivano le 'legacce' di tovaglioli candidi e si distribuivano i piatti sulla tavola: biscotti fragranti di limone, castagnole al forno col profumo di alchermes, cassoncini alla marmellata o alla ricotta, cassoni fritti con spinaci ed uvetta.
Già la tavola era colma,il gusto si saziava di fragranze insolite, gli occhi brillavano alla vista di tanto ben di Dio: era il giorno dell'abbondanza.
Poi veniva il momento più atteso. Si alzava il fuoco e si metteva sulle braci la grande padella di ferro, si aggiungeva lo strutto e...via!
Tutti intorno guardavano ammirati, calavano le castagnole. I bambini più piccoli avevano il privilegio di 'è lec', potevano leccare una castagnola prima che finisse in padella. Lasciavano sulla pasta un segno che sarebbe rimasto anche da cotto:una traccia più liscia e pallida.
Poi era il momento dei fiocchetti che, calando in padella,si gonfiavano,si aricciavano,si doravano assumendo forme fantasiose. Venivano tirati su con la ramagnola e spolverizzati parcamente di zucchero.
I bambini inseguivano con le dita i grani zuccherini sperduti sulla tavola scura.  C'era un momento di estatico raccoglimento mentre si esaminava la tavola imbandita illuminata dal lume e dal riverbero giallo arancio delle fiamme.
Ci si metteva a tavola; i dolci svanivano pian piano e le chiacchere crescevano. Il mezzovino fresco scorreva nelle gole. Si rideva. Si gustava quell'insolito ben di Dio che doveva durare nel ricordo di tutto l'anno.
Si parlava ad alta voce, si facevano scherzi e giochi. Si intonava una canzone battendo le mani e tutti, grandi  e piccini, si mettono a ballare al suono allegro di una chitarra
        
                      
                      Carnevel è va in qua e in là
                      a fè i zugh in totti al ca.

Emanuela Botteghi da  'Un cassetto infondo al cuore ' di Tecla Botteghi 
Per l'Associazione Ippocampo Viserba
                                                                                                                                                              

mercoledì 2 marzo 2011

PRIMO MARZO


Pirinela sora i cop,

e fa veida e cul ma tot.


Il primo marzo attendeva da tutti una cerimonia importante dedicata all'inizio del bel tempo. Per scongiurare pericolose scottature,carnagione troppo scura,dannose insolazioni,si doveva mostrare 'e cul ma merz'. L'ora propizia era il primo mattino,al sorgere del sole. Era una cerimonia intima ed era opportuno che il sedere nudo fosse visto solo da marzo. Al mattino presto,i bambini,con risatine soffocate,esigevano di essere soli. Poi spalancavano la finestra,controllavano che nessuno fosse in vista, tiravano giù le braghette, giravano il sederino verso il sole e recitavano la formula magica: 'Marzo cuocimi questo e non cuocermi altro'per tre volte. Poi si tiravano su i calzoni, o tiravano giù le sottane e la cerimonia era finita. C'era però da fare i conti con i fratelli dispettosi che entravano sul più bello facendo loro 'baia'; i più birichini mostravano il sedere facendo mille smorfie e finiva a cuscinatee a capriole. Le mamme provvedevano per i più piccoli perchè anch'essi fossero salvi dai pericoli del solleone. A tavola i bambini guardavano maliziosi i genitori: E voi, avete fatto vedere il sedere a marzo?'   'Sì' 'E dove?'  'Sul tetto'

Sol, sol benedet

tira fora i tre bacchet

un d'or, un d'arzent,

un pè fè vni è bel temp.


Dopo la cerimonia propiziatoria al sole,marzo avanzava nella primavera. Era arruffato, scomposto,capriccioso. Esibiva con noncuranza alberi nudi, sterpi secchi, giunchi scapigliati, foglie fradice sparse ovunque. Lungo la riva del mare detriti scurisegnavano i limiti delle burrasche invernali. Ma c'era qualcosa nell'aria... Un venticello curioso andava a frugare tra stecchi e foglie morte come alla ricerca di un tesoro perduto. Dalla terra esalava un profumo fresco che sapeva di nuovo e di erba. Nelle pozzanghere fangose si specchiava un angolo di celeste. Una coccinella,comparsa chissà dove, zampettava lenta sullo steccato del cortile. sera,un raggio di sole indugiava a lungo sul tetto di casa lasciando premesse di sereno tepore. Sul mare la primavera avanzava. L'acqua diveniva del colore dell'aria e mandava un odore fresco di alghe. Il vento,scherzando con le onde, le ornava di gale bianche che il sole tingeva di rosa. Gli uccelli marini roteavano in cerca di pesci. Sulla riva le barche erano pronte alla toletta primaverile. Aleggiava intorno odore di catrame, di vernice, di fuoco fumoso, di legna umida. Le reti, stese sui cespugli e sulle dune come festoni bruni,emanavano odori salini.  Le nasse accatastate erano pronte all'uso. Bambine pazienti vi inserivano mazzetti di sempreverdi. I bambini saltavano sulla riva giocando con l'acqua gelida. Sciami di pesciolini color terra si tingevano d'oro là dove il sole li raggiungeva. L'acquadella argentea si esibiva tra le alghe in balli coreografici di gruppo. Un martin pescatore si tuffava in un guizzo d'azzurro e smeraldo. Giungeva invece la pioggia.Sottile,insistente si dedicava metodicamente alle pulizie: lavava i tetti,sciaccuava la salsedine dei muri,ravvivava le foglie dei sempreverdi,innaffiava l'orto,irrorava il giardino con delicata determinazione. La terra avidamente beveva,si nutriva dell'acqua gentile che la purificava. L'aria sapeva d'erba nuova. La rena della spiaggia era tutta rivoli e crateri. Cullati dal bruscio della maretta, i gabbiani si affidavano alle onde placide. Il cielo notturno sapeva d'acqua; gli astri sembravano occhi velati di lacrime.

E piov,e piov è zil

aqua ad San Pir,

San Pir è semineva

e tot us bagneva,

sa st'aqua e sa ste vent

dmen u sarà bel temp.


Emanuela Botteghi da 'Un cassetto in fondo al cuore ' di Tecla Botteghi


Per l'Associazione Ippocampo Viserba