Sono cresciuta tra racconti di una vecchia nonna contadina, coccolata e spaventata da storie popolari spesso incredibili. Leggende, storie fantastiche e antiche superstizioni hanno fatto da cornice alla mia infanzia e, nonostatnte io sia credente ( condizione che dovrebbe portarmi quanto meno ad un certo scetticismo nei confronti di certe credenze popolari) crescendo non ho perso l'abitudine di documentarmi su fate e folletti....castelli incantati e spiritelli dispettosi.
Lo scorso anno sono stata in vacanza in Emilia Romagna. La zia della mia amica, un'arzilla signora ultra ottantenne, percependo il mio interesse verso le credenze popolari del posto mi ha raccontato qualche storia...
Una in particolare mi ha fatto riflettere perché più e più volte è ricomparsa nei luoghi, nei libri e nelle persone.
E' la storia di un folletto detto “caicarel” (traducibile molto liberamente in “colui che spinge”).
E’ un esserino dispettoso, ha un cappellino rosso che lascia fuori dalla camera della persona che molesta. Non fa del male, ma ti sale sul letto silenzioso, lo senti bene perché pesa molto anche se dà l’impressione di essere piccolo. Continua a camminare finchè non ti spinge con le manine sul petto creandoti delle difficoltà nel respirare, poi quando cerchi di accendere la luce fugge via veloce! Puoi al massimo sentire la sua risatina che si allontana.”
La capacità di queste vecchie credenze di viaggiare di luogo in luogo arricchendosi di particolari man mano che si va avanti è impressionante....
Decido di saperne di più!
Mi sposto, vado verso Predappio, da una cara signora, a chiedere notizie: cambia il nome, questa volta si dice “e fulet” ma la storia è simile. “ Andava anche da vacche e cavalli, le bestie scalpitavano tutta la notte e al mattino le trovavi con la criniera tutta intrecciata, stanchissime e sudate.”
Non mi sono certo fermata: altra vallata, quella del fiume Bidente, e altro anziano abitante da ascoltare…”Ci ha fatti diventare matti” racconta "mia mamma aveva lunghissimi capelli neri che erano uno splendore! Una mattina si sveglia e se li ritrova tutti intrecciati, in modo così fine che li ha dovuti tagliare."
Addirittura l'anziano signore mi svela il modo per sapere se viene a visitarci durante la notte.
“Cospargi di farina il pavimento davanti all’uscio della porta: quando passa lascia orme di gatto.”
Nel mio vagabondare curioso sono riuscita a farmi dare anche dei rimedi: la zia della mia amica metteva una cintura di traverso sul letto così lui per paura di impiccarsi non saliva; a Ravenna mettono un forcale sotto il letto, a Cesena basta tagliare le treccine eventualmente subite così da offenderlo; a Predappio il caso è più difficile: bisogna rubargli il cappellino rosso che lascia fuori dalla porta!
E’ quantomeno interessante vedere come una leggenda si ripeta costante in più luoghi…direte voi: nemmeno così lontani!
L'ultima tappa della mia ricerca è stata la biblioteca comunale.
Non è stato difficile trovare quello che stavo cercando!
Mazzapegolo: spirito o folletto che, nella tradizione popolare, si diverte ad intrecciare le code delle bestie da stalla e ad insidiare le belle giovinette. Diffuso in tutto il territorio nazionale, assume di volta in volta compiti, nome ed iconografia differenti.Pare, però, che l'origine del personaggio sia romagnola.
In ogni caso è indiscutibile il suo legame infero.
Lo studioso Giovanni Fantaguzzi, in una cronaca cesenate del 1400, racconta di un folletto innamorato di una giovane massaia e dei dispetti che era solito procurare al suo catino. Il mazapegul si innamora delle giovani di casa, le insegue, scompiglia loro i capelli, si insinua sotto le sottane, salta sui letti impedendo alle fanciulle di respirare; è geloso, vendicativo; lascia orme di gatto, vive in camera da letto, nelle stalle, dove disturba gli animali. Indossa un berrettino rosso che appoggia sull' orlo del pozzo di casa quando è in procinto di entrare; è invisibile ma, talvolta, può mostrarsi. Spesso si associa la sua presenza al vortice del vento "e fulet". Numerosi gli accorgimenti prodotti dagli abitanti delle campagne per tenerlo lontano dalle abitazioni : dal forcone posto sotto al letto o nelle stalle, all' inevitabile ricorso al sacerdote-esorcista capace di riportare la perduta tranquillità all' interno del focolare domestico
Che dite....lo conoscete anche voi?
Sabrina Ottaviani per Associazione Ippocampo Viserba
venerdì 7 maggio 2010
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Ecco la pagina dedicata al folletto del mio libro "Trama e ordito, mamme che tessono la vita".
RispondiElimina"Mazapegul" dal berrettino rosso.
A proposito di "sgambetti" alla tessitrice, ecco la storiella di Mazapegul, dispettoso folletto romagnolo, com'è raccontata da Vittorio Tonelli.
"Sul batti e ribatti del pettine e dei pedali una giovane tessitrice ritmava canzoni d’amore in faccia alla tela nascente del suo corredo da sposa. Muoveva svelta la spola nella trama di quel tessuto di sogno. Ed ogni volta se la sentiva sfuggire di mano, a volte tra il brusìo dei cannelli agitati.
Ma chi era l’invisibile cavalier servente che le raccoglieva via via la drugla da terra, senza parole, nel respiro ovattato di un palpito?
Era… un folletto innamorato: lo stesso nanetto dal berretto rosso che di notte le giaceva sul ventre, platonicamente o che faceva i dispetti in casa, mettendo sottosopra le stanze, spegnendo le candele, spettinandola mentre dormiva."
E' mazapegul
ch'l a e' biritoci ròs
e la bèrba ad legul.
Il mazapegul, che ha il berrettuccio rosso e la barba di legolo.
(Dai ricordi di Marco Magalotti, di Sorrivoli).
Lo spiritello cambiava nome a seconda dei luoghi: mazapegul, caicarèl, zapàider, fulèt, mazapes…
Fantasia popolare senza confini: il mazapegul romagnolo è presente anche in Puglia (mazzamuriello, munaciedde), a Roma (mazzamurello), ad Ancona e Jesi (mazzamurèllo), in Lucchesia (linchetto), in Campania (munaciello), in Lucania (monachiccio), sul Gargano (scazzanuridd).
Mamma Pierina, ai suoi tempi maga della tela, fa la ramanzina alla sua "burdèla" quarantenne.
In cerca di conferma chiedo alla mamma se ricorda qualcosa a proposito del "mazapegul". Lei, come sempre pratica e realista, non smentisce lo stampo d'educazione che ha passato ai quattro figli e mi dice di non credere a tante storie fantastiche.
Lei ed il babbo nella loro lunga vita onesta e laboriosa ci hanno insegnato a confidare nelle nostre capacità, a tirarci su le maniche e ad essere… bravi "burdél". Senza bisogno di prediche: bastava l'esempio.
"Se, e' fulèt! La tela l'as ingarbuglieva m'al doni pastruciouni! E' bsogna es preceisi e lavuré ben: e' fulèt l'era una scusa…"
(Sì, il folletto! La tela si aggrovigliava alle donne pasticcione. Bisogna essere precise e lavorare bene: il folletto era una scusa…).
adesso, cara Sabrina, ti faccio ridere: sai il codice che il blog ti chiede di copiare prima di pubblicare un commento? Per quello che ho appena messo qui sopra, mi ha suggerito: "uncess"... Che, mi devo offendere? Baci da Cristella
RispondiElimina:-)
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